Cena Robotics&Automation Society

La Cena del Capitolo Italiano del RAS si svolgerà presso il ristorante Flavio al Velavevodetto il 5 settembre 2016 alle ore 21:00.

Per prenotarvi alla cena contattate Lucia Pallottino (lucia.pallottino(at)unipi.it).

 Il cuore più antico di Roma è il Testaccio: oggi è famoso per essere un quartiere suggestivo, prossimo all’Ostiense, ricco di ritrovi notturni realizzati in caratteristici vani nel tufo. Quello che lo dota di grande fascino è il Monte omonimo, detto anche Monte dei cocci, alto cinquattaquattro metri sul livello del mare e interamente realizzato, nella sua tipica struttura a gradoni, con resti (cocci, appunto) di anfore e recipienti antichi, risalenti a epoca romana. Sull’origine del Monte molto si è discusso: alcuni lo hanno inteso come un antico deposito di laterizi ed affini, altri lo hanno considerato l’accumulo del materiale che venne portato via da Roma dopo la distruzione causata dall’incendio appiccato da Nerone, altri ancora come un luogo adibito all’accumulo dei materiali funerari che andavano distrutti nella vicina necropoli dell’Ostiense. La versione storicamente accreditata vede invece nel Monte dei cocci un deposito di anfore olearie, provenienti dall’Africa: gli studiosi divergono però sulla funzione di queste anfore, essendoci chi le considera i resti di quelle che venivano scaricate dal vicino porto sul Tevere, destinate alla vendita nei mercati, e chi invece ritiene che siano quelle inviate a Roma dalle provincie imperiali, a titolo di tributo che veniva pagato all’erario romano. La “discarica” del vicino porto fluviale dell’Emporium, fu utilizzata dalla tarda repubblica alla metà del III secolo. Nei secoli successivi lungo la base della collina vennero scavate delle grotte, adibite a cantine e stalle (i “grottini”), sulle quali si costruirono casette che oggi, ristrutturate, ospitano ristoranti e locali notturni, evoluzione delle antiche osterie che erano state meta delle feste e scampagnate dei romani. Ancora in epoca medioevale vi si celebrava il Carnevale, con i giochi crudeli e cruenti da sempre cari ai romani: si allestivano infatti tauromachie e la più popolare “ruzzica de li porci”: carretti di maiali vivi venivano lanciati giù dalla collina e quando si sfracellavano in basso il popolo dava la caccia ai frastornati animali. Dal XV secolo – trasferito il carnevale in Via Lata per volontà di Paolo II – il monte divenne il punto di arrivo per la Via Crucis del Venerdì Santo, trasformandosi in un vero e proprio Golgota, come mostra la croce ancor oggi infissa sulla cima. Più tardi sarà meta privilegiata delle Ottobrate, le tipiche feste romane, che vedevano sfilare verso le osterie e le cantine del Testaccio i carretti addobbati a festa delle mozzatore, le donne che lavoravano come raccoglitrici d’uva nel periodo della vendemmia: tra canti, balli, gare di poesia, giochi e chiacchiere, ci si rinfrancava dal lavoro e soprattutto si ‘innaffiava’ il tutto con il vino dei Castelli Romani, conservato nelle cantine scavate alle pendici del monte. Velavevodetto